Si sa (ancora) troppo poco di quanto sia accaduto al confine a Nord Est dell’Italia.
Tanti fatti non si dovevano sapere, tanti si erano diluiti nella complessa quotidianità
di un’Italia uscita a pezzi e lacerata dalla II Guerra mondiale e in rimonta negli anni
’60 e successivi.
Pietro Spirito, giornalista e scrittore, ricrea con esperienza e precisione quelle
atmosfere di tensione, incertezze, violenze, che friggevano lungo il confine tra Italia e
Jugoslavia, di qua e di là. “E’ notte sul confine” (Guanda Noir; 250pp; euro 18) ha
proprio in questo un merito indiscusso: aver saputo trasmettere quel manto di
malinconia misto a vecchiume che era calato nel dopoguerra su Trieste, riverbero
italiano della tristezza silenziata dell’oltre cortina di ferro, e sotto il quale si
agitavano violente dinamiche sociali che i trattati di Parigi del 1947 e il
Memorandum di Londra del 1954 non avevano placato.
Un buon giallo negli anni in cui il dopoguerra si stiracchiava ancora a lungo, i fucili
erano sotto i letti e, al di qua della sbarra della dogana, non si riuscivano a fare i conti
con il passato: l’ordine degli addendi cambiava e con esso il risultato di volta in volta.
Stava per provarci il principe nero, Junio Valerio Borghese, che preparava un colpo di
Stato, forte dei consensi che ancora riscuoteva tra le truppe a ogni livello e delle
relazioni che aveva continuato a tessere con varie cancellerie del mondo. E’ in quei
giorni di vigilia dell’evento che si muove il cronista del Piccolo Ettore Salassi,
informatore del Sid, i servizi segreti dell’epoca, imbattendosi in una serie di eventi
che saranno l’intreccio narrativo del libro.
Se all’Est la tristezza silenziata scaturiva da ordine, pulizia, formazione, efficienza
(non quella amministrativo-burocratica) imposti con la forza, a Trieste la malinconia –
città più austriaca e balcanica che non italiana – si manifestava in una certa
trasandatezza pubblica, nel ripiegamento in se stessi conseguenza di quasi un secolo
di massacri, nelle giacche a quadroni con cravatte non intonate. E una Bora che era
un vento fortissimo e non ancora un tratto identificativo della città.
Non era il confine tra Liguria e Francia, qui era tutt’altro: profughi, spie, “trappoler”
prostituzione, angiporto pericoloso – di qua – vigili e minacciosi graniciari jugoslavi,
di là. E dunque, Spirito intreccia la storia di un soldato ucciso a quella di un pescatore
annegato, la spietata logica dei servizi all’immancabile bella e gelida spia – è il caso
di dire – venuta dall’Est. In tutto questo bailamme, rischiando la vita più volte, o
forse proprio per questo, Salassi dalla vita disordinata e un po’ sprecata, intravvede la
possibilità di un nuovo equilibrio personale.
Nella gallery: scatti dalla presentazione nella libreria Lovat di Trieste
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