Salvatore Silvano Nigro (Leonardo Cendamo/Getty)

Sull’ultimo numero del Domenicale del Sole 24 Ore, Salvatore Silvano Nigro (che ha firmato più bandelle dei libri di Andrea Camilleri) racconta del Maestro matricola all’Università, che legge riviste di poesia e sogna di pubblicare i propri versi.

 

 

 

 

Qualche stralcio dall’articolo Se serve un «sempre» per fare il poeta:

Per iniziare aveva bisogno di stampelle, di punti di appoggio sicuri scelti tra i versi dei poeti più amati. Nella poesia del 1944 si appoggia a un «sempre» d’apertura offerto da Leopardi e a quel «trafitti» che gli viene da Quasimodo. Poi procede scioltamente, con sicurezza. Sapeva che doveva ancora pagare un prezzo agli anni acerbi e alla scuola. Si sapeva però più poeta che narratore. Ne cercava la conferma. Era attento ai giudizi che lo incoraggiavano. Gioirà nel 1948. Ungaretti e Davide Lajola l’accoglieranno tra I poeti scelti del Premio Saint-Vincent: nella storica e gloriosa antologia della collana mondadoriana intitolata «Lo specchio».

Sull’invenzione del vigatese, la lingua dei suoi romanzi:

In quella lingua Camilleri vi ritrovava il calore di un lessico famigliare e le fantasticherie di parole che incantavano con i loro arcani musicali degni del migliore contastorie. Le registrò quelle parole. E fu il primo nucleo del vigatese. I lettori dei suoi romanzi le ritroveranno nelle opere storiche, fantastiche e poliziesche del futuro scrittore. Ma lavorate, con spostamenti semantici e contaminazioni varie studiate sulle varianti dell’uso. Vigàta vivrà nel tempo. E il vigatese non sarà una lingua morta. Come tutte le lingue parlate, avrà una sua evoluzione.

 

 

Lug 17, 2025 | Articoli | 0 commenti

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